Irene Curto e Joe Schievano durante le prove de Libellula con testi di Amelia Rosselli

Irene Curto e Joe Schievano

Libellula è un canto d’amore in bilico fra lo spavento della ragione e il fascino della follia. È il lavoro centrale e più poeticamente rivoluzionario, dell’opera poetica di Amelia Rosselli. La sua poesia e sperimentazione linguistica nascono dalla commistione delle tre lingue con cui è cresciuta: il francese, l’inglese e l’italiano. Altro “linguaggio” che le appartiene e che la spingerà ad avere nei confronti dello scrivere un atteggiamento sensoriale, ritmico e rigoroso è la musica. Amelia era infatti una musicista, prima di essere una scrittrice. Questo la spingerà a focalizzarsi sulla metrica dei suoi versi, quasi a conferirgli una forma geometrica perfetta nella quale riesce comunque a deflagrare la sua potenza emotiva. 

Nel mettere in scena questi versi così spiccatamente lirici, visionari ed emotivamente struggenti è emersa una donna “grande e piccola insieme”, un esempio di rivoluzione e forza femminile, ma anche di fragilità e di dolcissima umanità in precario equilibrio fra ragione e visione, tra desiderio e rifiuto, delirio ed erotismo, amore e odio, canto e urlo, rabbia e dolcezza. L’interlocutore a cui si rivolge è sempre un TU, un tu amante, Dio, nemico, pubblico… La ricerca dell’Altro da sé verso cui tendere e nei confronti del quale si sente sempre una straziante distanza, è però irraggiungibile e inconoscibile. L’unione verso la quale la poesia tende è l’unione di ogni cosa, non solo dell’amante con l’amato, ma il ritorno ad uno stato di grazia primeva e mistica, dove ogni cosa è insieme luce e miseria. Libellula è un inno che ci spinge ad accettare le innumerevoli sfaccettature del nostro essere emotivi, umani e per natura fragili, spaccati in due. I suoi versi ci mettono faccia a faccia con la ferita, l’abbandono primordiale, in sostanza con il nostro essere umani, forse bisognosi di pietà, più che di ragione

L’elemento musica e suono

Con Irene Curto, attrice e performer, si è scelto una scena scarna, lineare, e musicale. L’elemento musicale e sonoro è stato fondamentale per restituire il mondo inconscio e profondo di questa artista. La funzione drammaturgica del suono è quello di dialogare con l’irrazionale, predisponendo il pubblico ad un ascolto sensoriale. Nell’interpretazione attoriale c’è stato un lavoro nella direzione opposta rendendo i versi ove possibile quotidiani, i gesti concreti, situandoli nel luogo teatrale per renderli fruibili e intellegibili a un più vasto pubblico. 

Sonorità oniriche, percussioni apparentemente asincrone, frammenti di tematiche classiche che compaiono e poi svaniscono, suoni della natura, campane di campanili, ma anche campane modificate che vibrano e risuonano, voci rotte e suoni tellurici si dipanano come una texture abbracciata al pensiero.

Irene Curto: Performer

Joe Schievano: Music and live set

Milena Costanzo: Acting coach

Produzione: Kaliscopio Theater e Soundrivemotion

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